Così scherzavamo, urlando e biascicando lo slogan con le voci rauche, alla Tom Waits, CORAAH…
Giocavamo a fare la rèclam, marcia però. Pubblicità regresso Punk. Tormentoni ossessivi per fattoni.
Siamo seduti sul cofano di un’auto, alcuni amici ci stanno dando un passaggio verso il campeggio, è mattina, forse mezzogiorno. Ci hanno raccattato tra le vie di campagna, siamo andati a fare spesa in paese, sigarette e alcohol. Così ci ubriachiamo con questa bottiglia di Vermouth dal nome improbabile sotto il sole bollente del Sud. Tu indossi una maglietta a rete e terribili treccine corte colorate, io avrò si e no 16-17 anni. Abbiamo passato la notte in un campeggio organizzato, ricordo vagamente, da collettivi e centri sociali di zona. La sera prima abbiamo deciso di prenderci un cartone, roba leggera eh, mica l’LSD. Siamo arrivati che era già buio, l’acido è salito e non siamo stati in grado di montare la tenda. Era una tenda grande, per poterci dormire in tanti, quindi troppo complicato per noi strafatti, al buio, montarla: mille bacchette, la tenda, qual’è l’interno, dove va l’ingresso, e i picchetti? Boh?! Non ci si capiva niente, l’unica cosa che facevamo era ridere, ridere a crepapelle, di quelle risate che ti fanno male gli addominali e ti manca il respiro, gli altri che non erano in trip ci avrebbero presi a calci, credo. Alla fine abbiamo dormito per terra con la tenda a mò di coperta, un film. Che ridere… Ti piaceva raccontare questa storiella, ti divertiva, ma anch’io ricordo un sacco di storie così, fuori di testa, e tanta altra gente ne avrà da ricordare, che personaggio! Si sa, gli anni dai 16 ai 20-25 sono anni furiosi, e alcune persone bruciano più velocemente. Mi viene in mente che in quegli anni novanta c’era tutto un mondo underground di provincia che viveva molto intensamente. All’ombra delle leggende, lontano da Londra, Seattle o Berlino c’erano tante storie di punk, metallari e reietti di periferia, i tossici e i coatti, tutti allegramente insieme e ognuno a inseguire il suo sogno. Il Rock n Roll coi cartoni di vino e la gassosa, le cantine puzzolenti dove suonare, deca di fumo messi insieme in 5. Una gioia, una disperazione e una forza incontenibile. L’amore per la musica, ascoltare e riascoltare cassette fino a farsi sanguinare le orecchie, suonare, tutti volevano suonare, in ogni buco c’era un gruppetto di amici che suonava, c’eri anche tu, la batteria e i Pantera a tutto volume.
Quello che più mi rattrista di questa storia non è tanto il fatto che te ne sei andato, (tocca a tutti prima o poi), ma il non averti nemmeno salutato. Il non sapere niente della tua malattia, il fatto che che questa volta le nostre strade si siano sfiorate senza incrociarsi. Ma se nella vita è normale perdersi di vista, è altrettanto scontato, puoi starne certo, che porterò sempre con me il ricordo bellissimo di quei pazzi, felici e rabbiosi giorni insieme.
Ciao Davide.
U Lì.